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Residenze San Barnaba

L’intervento si inserisce all’interno di un edificio liberty nel tessuto storico milanese, affacciato sulla Rotonda della Besana, a cui apre scorci preferenziali attraverso coni ottici costruiti con attenzione nella distribuzione interna. Il progetto lavora su una tensione costante tra leggerezza e gravità, tra superfici continue e volumi definiti, definendo una nuova pelle interna che si sovrappone alla struttura originaria senza cancellarne la memoria.

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Elemento ricorrente nelle unità è il volume sospeso: un controsoffitto portante, spesso trapezoidale o spezzato, che marca lo spazio abitato con una presenza geometrica chiara. Questi volumi non si limitano a contenere funzioni tecniche, ma diventano strutture spaziali autonome, attorno alle quali si organizza la vita domestica. Al di sotto, arredi, armadiature e vani sono nascosti, liberando lo spazio visivo e trasformando la massa in elemento scenografico.

Il sistema di pannelli scorrevoli diventa strumento primario di articolazione: bianchi, specchiati, opachi o lucidi, i pannelli scorrono su binari incisi nella muratura o nel soffitto, attraversano i volumi, li aprono, li chiudono, li riflettono. Il riferimento a un’estetica orientale — modulare, ritmica, non decorativa — è presente ma non dichiarato: una griglia silenziosa che regola la percezione e costruisce un rapporto sottile tra pieno e vuoto, visibile e schermato.

Le variazioni del bianco — in tinte, materiali e finiture — diventano un dispositivo spaziale.

 

Opaco, riflettente, poroso o lucido, il bianco non è neutro ma vibra nella luce, trasformando i volumi in superfici sensibili al tempo e al movimento. La luce naturale, filtrata dalle ampie aperture, viene accolta e modulata attraverso superfici continue e angoli piegati. Questi tagli e pieghe, visibili in murature inclinate, riseghe e contropareti, guidano lo sguardo, nascondono funzioni, e definiscono ritmi senza mai interrompere la continuità dello spazio.

Il disegno complessivo evita gerarchie rigide: ogni ambiente è pensato come parte di un insieme poroso e riconfigurabile. Il bagno, spesso modellato sul trapezio del controsoffitto, prosegue la logica compositiva ribaltandola a terra; i ripostigli in quota non sono corpi estranei ma si integrano nel disegno dell’involucro, dando densità a spessori solitamente residuali. Gli specchi, collocati con precisione, non amplificano per spettacolarizzare, ma per suggerire, frammentare, restituire profondità.

L’architettura costruisce così un equilibrio non statico: ogni funzione, ogni passaggio, ogni arredo è incastonato in una logica che tiene insieme percezione, uso e ritmo. Lo spazio domestico non è mai un contenitore neutro, ma un paesaggio abitabile in cui il gesto quotidiano trova una misura propria, senza retorica, senza eccessi.

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