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Barriere marittime_un paradigma per la difesa dei litorali

  • Immagine del redattore: Giacomo
    Giacomo
  • 14 feb 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 6 ott

Questo è un'articolo che nasce dalla volontà che ho sempre avuto di parlare del rapporto tra mare e uomo, tra il politico e le coste italiane, tra me marchigiano e le politiche regionali, provinciale e comunali.


Sono nato vicinissimo ad un mare, a due fiumi, ad aree urbane e verdi che sono poi state continuamente modificate, sia per mano dell'uomo che della natura. In tutti questi anni vedo che l'uomo cerca di imbrigliare, trattenere, domare la natura, ma questa, suo malgrado, talvolta fugge da quella prigionia e molto spesso crea dei bei danni al suo presuntuoso “padrone”.


L’erosione costiera e l’innalzamento del livello del mare non possono essere affrontati con soluzioni statiche e localistiche. Le opere rigide, come barriere sommerse, scogliere artificiali ed elementi di difesa costiera tradizionale, si stanno rivelando (e sempre lo sono state) strumenti inadeguati, non solo per la crescente complessità dei fenomeni climatici, ma anche per l’incapacità strutturale di queste soluzioni di dialogare con l’evoluzione geomorfologica del territorio.


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L’inefficacia delle barriere rigide: limiti strutturali e ambientali

L’approccio difensivo basato su opere artificiali si è diffuso negli ultimi settant'anni lungo buona parte del litorale adriatico. Tuttavia, numerose analisi e monitoraggi evidenziano, ormai da studi decennali, che questi interventi non solo offrono una protezione limitata, ma spesso aggravano le criticità esistenti.

Alcune criticità principali:

  • Costi elevati e manutenzione continua: Le opere rigide richiedono investimenti iniziali consistenti, ma soprattutto una manutenzione costante, a fronte di un’efficacia spesso temporanea. Le mareggiate estreme e l’innalzamento del livello del mare accelerano il degrado di queste strutture, rendendo necessario un continuo adeguamento.

  • Falso senso di sicurezza: L’installazione di barriere fisiche tende a trasmettere l’idea che il problema dell’erosione sia risolto. In realtà, queste opere spostano l’energia delle onde e i sedimenti verso altre aree, alterando l’equilibrio litoraneo e provocando una progressiva riduzione delle spiagge.

  • Impatto ambientale e paesaggistico: Le strutture emergenti o sommerse modificano radicalmente la morfologia costiera, ostacolano la migrazione naturale della linea di riva e compromettono habitat marini e terrestri. Fenomeni come il coastal squeeze — la compressione della costa tra mare e barriere artificiali — limitano la capacità adattativa degli ecosistemi costieri.

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La questione sedimentaria: senza apporto fluviale, la costa si svuota

Uno dei fattori meno considerati nella pianificazione costiera è la progressiva riduzione del trasporto solido fluviale verso il mare. Questo fenomeno è legato a diversi elementi:

_ Canalizzazioni e cementificazioni dei corsi d’acqua

_ Presenza di invasi e dighe che trattengono i sedimenti

_ Costruzioni lungo gli alvei che ne riducono la funzionalità ecologica

_ Eccessiva regimentazione idraulica

Senza un apporto naturale di sabbie e limo da parte dei fiumi, ogni tentativo di difesa della linea di costa risulta destinato a fallire nel medio-lungo periodo.


Verso soluzioni sistemiche: integrazione tra bacino e costa

I più recenti approcci di gestione integrata delle zone costiere (ICZM – Integrated Coastal Zone Management) e di adattamento climatico riconoscono l’urgenza di un cambio di paradigma. Non si tratta solo di sostituire una tecnologia con un’altra, ma di ripensare l’intero sistema territoriale che connette bacini idrografici, ambienti deltizi, zone umide e litorali.

Tra le strategie prioritarie, supportate da letteratura scientifica e pratiche di successo, si evidenziano:

  • Ripristino degli alvei fluviali attivi: Riqualificare i fiumi, restituendo loro spazio, continuità e funzionalità sedimentaria, è fondamentale per ristabilire il flusso naturale di sabbie verso la costa. Questo include la rimozione di ostacoli, la delocalizzazione di infrastrutture e la manutenzione idraulico-ecologica regolare.

  • Valorizzazione dei sedimenti: Dragare e riutilizzare sedimenti compatibili, provenienti da bacini fluviali o zone di accumulo, può supportare interventi di ripascimento con impatti ambientali minimi. Numerosi studi ne confermano la sostenibilità, a fronte di un monitoraggio costante della compatibilità granulometrica e chimica.

  • Ingegneria “soft” e soluzioni ibride: Il ripascimento controllato delle spiagge, associato a soluzioni miste come barriere vegetali, dune rinforzate, barene e zone tampone naturali, consente di dissipare l’energia del moto ondoso senza rigidità strutturali, migliorando al contempo la qualità paesaggistica ed ecologica del litorale.

  • Pianificazione territoriale costiera: L’adozione di strumenti di pianificazione che limitino la pressione antropica diretta sulla costa è oggi essenziale. Evitare nuove urbanizzazioni a ridosso della battigia, promuovere la delocalizzazione di impianti balneari e tutelare le aree di transizione mare-terra sono passaggi obbligati in un’ottica di resilienza climatica.

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Le evidenze tecniche e scientifiche

Diversi enti, tra cui ISPRA, CIRF e ARPA, sostengono la necessità di adottare un approccio sistemico, fondato su evidenze:

  • Gli studi cost-benefit dimostrano che le soluzioni “soft” (ripascimenti, dune, barene) sono economicamente più sostenibili e socialmente più vantaggiose nel lungo periodo rispetto alle difese rigide.

  • Il ripascimento, se ben gestito, rispetta maggiormente la morfodinamica naturale, evitando l’interferenza con i processi di trasporto sedimentario litoraneo.

  • La riqualificazione fluviale ha effetti positivi non solo sulla costa, ma anche sull’adattamento al rischio idraulico, sulla biodiversità e sulla qualità ecosistemica complessiva.


L’urgenza dell’adattamento: il tempo è una variabile critica

Il cambiamento climatico in corso — caratterizzato da un aumento accelerato del livello del mare, eventi meteo-marini estremi e instabilità idrologica — impone di agire ora. Ritardare l’attuazione di interventi strutturali e sistemici significa:

  • Aumentare esponenzialmente i costi futuri di difesa

  • Compromettere definitivamente tratti di costa

  • Perdere opportunità di rigenerazione territoriale e ambientale


Il litorale non può più essere pensato come una linea da difendere, ma come un sistema dinamico da gestire in modo proattivo e integrato.

 
 
 

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